Uomini in burnout
Ti svegli la mattina con stanchezza.
Esci di casa svogliatamente.
Vivi il lavoro come un peso.
Questi segni di stanchezza non vogliono dire che sei arrivato alla frutta, o che sei un fallito. Nella maggior parte dei casi non indicano neanche una depressione, ma ti mostrano che le energie sono esaurite: che hai dato tutto.
Infatti, non è questione di pigrizia o di forza di volontà . Se oggi tantissimi uomini si sentono esausti, svuotati, privi di slancio, non è perché “hanno fallito”, ma perché vivono con un bilancio energetico costantemente in rosso.
Chi mi ha illuminato su questo processo è stato proprio Roberto Marchesini*: pensa alla tua energia come a due grandi flussi. Da una parte quello che esce, dall’altra quello che entra. La maggior parte degli uomini ha due uscite principali:
Il lavoro ti chiede ogni giorno concentrazione, impegno, problem solving, resilienza. Non importa se lo ami o lo odi, se ti realizza o ti stressa: richiede sempre energia.
La famiglia — moglie, figli, genitori anziani, casa da gestire — non è un peso, ma è comunque un impegno continuo. Richiede presenza mentale ed emotiva, ascolto attivo, capacità di prendere decisioni, sacrificio quotidiano.
Due canali di drenaggio costante che, in una vita normale, possono assorbire facilmente 8-10 ore al giorno della tua energia migliore. Fin qui niente di strano: fa parte della vita adulta e delle responsabilità che scegliamo di abbracciare.
Il problema nasce quando i canali in entrata non esistono più, o si riducono a brandelli insignificanti.
Le fonti di ricarica
Ogni uomo ha bisogno di luoghi e momenti dove si ricarica, dove recupera ossigeno per il motore dell’anima.
Quattro sono le aree principali:
- Lo sport
- Le amicizie maschili
- Gli hobby
- La spiritualitÃ
Lo sport, in particolare quello di squadra, genera senso di appartenenza, la fratellanza maschile autentica. È lì che si formano legami veri tra uomini, dove puoi essere te stesso con i tuoi limiti e le tue paure, dove condividi fatica, sudore e obiettivi comuni (la partita, il torneo, la scalata). Lo spogliatoio, o il ritrovo post-evento, diventano uno spazio sacro di mascolinità sana, dove si impara a sostenersi a vicenda e a essere vulnerabili senza vergogna.
Le amicizie maschili sono un territorio spesso trascurato ma vitale: quello spazio di fratellanza autentica dove ci si confronta tra pari, senza maschere, dove l’ironia alleggerisce i pesi della vita, dove hai la libertà di parlare senza filtri diplomatici o sociali. È il branco che ti sostiene, ti sfida, ti conosce davvero.
Gli hobby rappresentano quelle attività che fai per il puro piacere di farle, senza obiettivi di produttività o risultati da raggiungere. Che sia la chitarra, il bricolage, la lettura, la fotografia: è il tuo spazio di crescita, creatività e gioco, dove riscopri parti di te che il lavoro e le responsabilità tendono a soffocare.
Infine la spiritualità : il rapporto con Dio, la meditazione, il silenzio, la preghiera. È la dimensione che ti ricorda chi sei al di là dei ruoli che ricopri, che ti rimette in contatto con il senso profondo delle cose e le tue domande esistenziali, che ti dà prospettiva sui problemi e ti ricarica di quella forza interiore che nessuna palestra può darti.
Si può fare?
Se sei come me, ti starai già chiedendo: “bello! ma chi ha il tempo?” o “dove sono questi amici con cui aprirsi?” ecc. Mi rendo pienamente conto della questione, perché anche io sono passato per questo ostacolo. Si è talmente presi dalle richieste della vita o bloccati da scelte terrificanti che non ci concediamo il tempo e lo spazio per riprendere fiato.
Ma la vita mi ha insegnato che queste fonti non sono “tempo perso” o capricci: sono investimenti nella tua tenuta a lungo termine. Senza di loro, sei come un atleta che corre ogni giorno ma non si ferma mai a bere, a riposare, a curare i muscoli. Quando correvo in bicicletta, gli allenamenti erano massacranti, ma era chiaro che dopo 3 settimane di carico, ci doveva essere una settimana di scarico dove si allentava con gli allenamenti, altrimenti si andava in sovrallenamento… si entrava, appunto, in burnout!
Per molti uomini, queste fonti si sono prosciugate una per una, spesso senza nemmeno accorgersene. Lo sport è diventato un ricordo del liceo o dell’università , sostituito da una pigrizia giustificata dalla stanchezza del lavoro. Le amicizie maschili si sono ridotte a un messaggio ogni tanto, a una birra veloce una volta ogni tre mesi, perché “non c’è tempo” e “abbiamo tutti i nostri impegni”. Gli hobby sono sepolti sotto montagne di cose da fare, sempre rimandate al “weekend prossimo” che non arriva mai. La spiritualità è rimandata a “quando avrò tempo”, “quando i bambini saranno più grandi”, “quando avrò sistemato questa situazione lavorativa”. E così, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, il serbatoio si svuota mentre le uscite continuano a pompare energia verso l’esterno.
Come si entra in burnout
Il burnout non arriva in un giorno.
Questa è la cosa bastarda… arriva lentamente, senza rumore, come un’infiltrazione d’acqua che corrode le fondamenta della casa. All’inizio ti accorgi solo che sei più stanco la sera, che hai meno voglia di scherzare, che preferisci il divano a qualsiasi altra attività . Poi diventa più difficile alzarti al mattino, come se il sonno non bastasse mai a recuperare le energie spese. Inizi a reagire in modo più duro alle frustrazioni quotidiane, perdi la pazienza per cose che prima gestivi con facilità , ti senti sempre più svogliato verso attività che un tempo ti davano piacere. Le cose che prima ti entusiasmavano — un progetto al lavoro, una serata con gli amici, anche il tempo con la famiglia — ora ti pesano come doveri da assolvere. E pian piano, quasi senza accorgertene, cominci a vivere in modalità sopravvivenza, funzionando ma non vivendo davvero.
Ecco il punto: non si tratta solo di stanchezza fisica. È una stanchezza dell’anima, un esaurimento che tocca le corde più profonde di chi sei. Perché quando le fonti di ricarica sono assenti per troppo tempo, non rigeneri solo i muscoli più lentamente: smetti proprio di alimentare il tuo cuore, la tua passione, il senso del perché fai ciò che fai, la visione di quello che vuoi costruire con la tua vita. E allora il lavoro diventa solo fatica da sopportare, la famiglia diventa solo responsabilità da assolvere, e tutto sembra un debito infinito da pagare piuttosto che una vita da vivere.
Perché ci lasciamo svuotare
Per molti è un malinteso senso del dovere, per altri mancanza di consapevolezza di quanto questi spazi siano vitali. Ci diciamo frasi che diventano mantra auto-sabotanti: “Quando i bambini cresceranno tornerò ad allenarmi… Quando avrò finito questo progetto riprenderò a vedere gli amici… Quando avrò sistemato questa situazione lavorativa tornerò a pregare…”. E così passano mesi, anni, stagioni intere della vita, e il motore gira a secco mentre continuiamo a prometterci che “presto” le cose cambieranno.
Il paradosso è che un uomo svuotato non è davvero utile né al lavoro, né alla famiglia, né a se stesso. È presente fisicamente, ma in modalità automatica. Respira, mangia, dorme, va al lavoro, torna a casa, ma non vive davvero. E chi gli sta intorno se ne accorge.
Mio cugino, a 24 anni, gestiva già un ristorante a Brooklyn, nato lì non aveva mai avuto l’opportunità di visitare l’Italia, io ero un po’ più grande di lui e mi ero appena sposato. Parlavamo dell’Italia, delle sue bellezze, ad un certo punto mi disse: “Quando mi ritiro, me ne andrò a fare un bel giro in mezzo ai vigneti del Chianti”…
Quando mi ritiro! Cioè fra 40 anni!! Ad ognuno le sue scelte, ma non è questo il modo in cui voglio vivere. Ma ognuno di noi può facilmente essere vittima di questo modo di pensare, se non rimane presente a se stesso e alle sue necessità .
Prenderti cura di te stesso è una tua responsabilità prioritaria.
Ricostruire il flusso in entrata
Uscire dal burnout non significa mollare tutto e andare alle Maldive per una settimana. Significa ricostruire un equilibrio sostenibile nel quotidiano, giorno dopo giorno. E questo richiede principalmente due movimenti:
- Proteggere i canali di ricarica
- Imparare a riconoscere i segnali di svuotamento prima che sia troppo tardi
Proteggere i canali di ricarica significa trattarli con la stessa serietà con cui tratti gli appuntamenti di lavoro. Fissare l’allenamento in agenda come fosse una riunione importante, e rispettarlo. Programmare una serata al mese con gli amici veri, quelli con cui puoi essere te stesso, e difenderla dalle mille scuse che la mente ti fornirà per annullare. Dedicare ogni giorno anche solo dieci minuti — dieci! — a un hobby o alla preghiera, al silenzio, alla lettura di qualcosa che nutre l’anima invece di impegnare solo il cervello.
Imparare a riconoscere i segnali di svuotamento significa sviluppare quella sensibilità interiore che ti avverte quando stai scivolando: l’irritabilità che cresce, il disinteresse verso cose che prima ti coinvolgevano, la perdita di iniziativa e creatività , la sensazione che tutto sia diventato un peso. Quando li noti, quello è il momento di ricaricare attivamente, non di stringere i denti e tirare avanti sperando che passi.
C’è una verità scomoda che va accettata: se non proteggi le tue fonti di energia, nessuno lo farà al posto tuo. Non lo farà il capo, che ha i suoi obiettivi da raggiungere. Non lo farà tua moglie, che ha le sue fatiche e spesso nemmeno si accorge del tuo lento svuotamento. Non lo farà il mondo, che continuerà a chiederti prestazioni e risultati.
Sei tu, e solo tu, il custode del tuo motore interiore.
Uscire dal ciclo
Un uomo che vive sempre in deficit energetico rischia di perdere di vista la sua missione, la sua vocazione, il senso di quello che sta costruendo con la sua vita. Perché non puoi pensare in grande, non puoi essere creativo, non puoi investire nel futuro se sei sempre in modalità “sopravvivenza”, se ogni giorno è una lotta per arrivare a sera. E se oggi ti senti così, non significa che sei debole o che hai fallito: significa semplicemente che devi rimettere in equilibrio entrate e uscite, che devi tornare a occuparti di te con la stessa cura con cui ti occupi degli altri.
Ritrovare uno spazio per lo sport, per gli amici veri, per un hobby che ti appassiona, per la spiritualità e la preghiera non è egoismo o narcisismo. È manutenzione ordinaria dell’anima. È garantire che il motore possa continuare a correre nella direzione giusta per anni, senza fondere a metà strada per mancanza di cura.
Ed ecco il paradosso più bello: più ti prendi cura delle tue fonti di ricarica, più energia hai da dedicare agli altri. Un uomo che ha riempito il suo serbatoio lavora con più creatività e meno stress, ama la sua famiglia con più presenza e meno irritabilità , affronta le difficoltà con più lucidità e meno panico. Non si limita a resistere alle onde della vita: le cavalca, le usa per andare avanti.
Per questo, se ti accorgi di essere in burnout o di essere sulla strada per esserlo, fermati. Guarda con onestà dove stai spendendo energia e dove stai ricaricando. Taglia qualcosa in uscita se necessario, ma soprattutto apri qualche canale in entrata. Non aspettare di “avere tempo”: il tempo lo si crea, lo si difende, lo si protegge. Non aspettare che le cose migliorino da sole: sei tu che devi mettere mano alla leva del cambiamento.
Un uomo in burnout è un uomo che ha dimenticato di essere vivo, che funziona ma non fiorisce. Un uomo che ricarica se stesso con costanza e saggezza, invece, diventa una fonte di vita, energia e ispirazione per tutti quelli che lo circondano. E questa è la differenza tra sopravvivere e vivere davvero.
Un uomo si fa con un altro uomo
A presto!
F
* Per approfondire, leggi Roberto Marchesini Quello che gli uomini non dicono e Codice cavalleresco
Ehi! Inoltre è partita la nuova stagione del podcast di Realmen:
Entra in un Gruppo Realmen!
Il percorso di uscita dal burnout è più facile quando non lo affronti da solo. Nei gruppi locali Realmen trovi altri uomini che condividono le tue stesse sfide, che sono impegnati a costruire una vita piena di significato. Si tratta di mettersi in gioco concretamente per ricostruire quell’equilibrio che ci permette di essere uomini capaci di donare la vita.
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Il cammino verso una mascolinità autentica inizia con un primo passo, e quel passo puoi farlo oggi.